L’indirizzo da me adottato nell’approccio teorico e metodologico è quello sistemico-relazionale, che può essere utilizzato per trattare intere famigliecoppie o individui singoli (di ogni età), in quanto non viene analizzato solo l’individuo in sé, ma anche il contesto relazionale nel quale egli è inserito, che contribuisce alla comparsa ed al mantenimento del sintomo.
Secondo l’indirizzo sistemico-relazionale, infatti, il sé, ovvero l’identità del singolo soggetto non può prescindere dalle relazioni, ma si costruisce all’interno di esse. A tale proposito, dunque, riveste un ruolo fondamentale la famiglia, intesa come un sistema di individui, nonché di relazioni e di emozioni che vi circolano all’interno; la famiglia fornisce la matrice, l’humus su cui si struttura la persona.
Durante il percorso terapeutico vengono, pertanto, comprese le dinamiche relazionali profonde presenti all’interno della famiglia, intesa come un sistema esteso comprendente anche le generazioni passate, ma allo stesso tempo viene data molta importanza alla soggettività individuale e ai processi intrapsichici interni all’individuo. Nella fattispecie, rilevanza fondamentale assumono le relazioni con le figure interne, ovvero con le immagini interiorizzate delle figure genitoriali e familiari; da tali relazioni deriva anche l’immagine che il soggetto sviluppa su se stesso e che spesso gli causa vissuti depressivi o, al contrario, fantasie onnipotenti. Analogamente vengono analizzate anche le relazioni attuali significative con persone esterne alla famiglia, compresa quella con il terapeuta stesso, che possono essere speculari, ossia possono riflettere quelle originarie con le figure di riferimento (padre, madre, ecc).

Un aspetto caratterizzante dell’indirizzo sistemico è l’importanza data ai mandati generazionali, cioè alle aspettative ereditate dai predecessori (genitori, nonni, ecc.), che possono influenzare il comportamento di ciascun membro della famiglia, compromettendo l’espressione dei suoi diritti individuali e la sua libertà all’interno del contesto familiare. Molto spesso, infatti, i disturbi psichici o i problemi relazionali non sono solo la conseguenza di “traumi” vissuti in passato, ma anche delle pressioni subite dall’individuo, derivate dalle aspettative implicite, passate o presenti, di chi lo circonda. Solo evidenziando tali aspetti, spesso di difficile ed immediato riconoscimento, risulta possibile per la persona in questione liberarsi dai mandati impliciti che condizionano i suoi comportamenti, assumendo un atteggiamento libero e responsabile rispetto alle proprie idee ed azioni ed intraprendendo la strada dell’individuazione personale. Nella famiglia disfunzionale, infatti, la pressione emotiva dei miti costringe i figli ad agire secondo regole prefissate dalla famiglia d’origine per mantenere una sorta di equilibrio all’interno del sistema, per cui essi finiscono con il comportarsi rispondendo ai bisogni e alle perdite delle generazioni precedenti, anziché ai propri. Il risultato di tutto ciò può essere la comparsa di un sintomo psicopatologico in uno dei membri del nucleo familiare.

Il trattamento dei sintomi psicopatologici.

Il trattamento avviene attraverso la cosiddetta “talking cure” (cura della parola), nella quale il terapeuta si pone in una posizione di ascolto attivo nei confronti del paziente, assumendo un atteggiamento non direttivo verso di lui. Man mano che il paziente parla, lo psicoterapeuta lo aiuterà a riflettere soffermandosi sui nodi problematici. Strumenti cardine del mio approccio terapeutico sono l‘interpretazione dei sogni, che consente un più facile accesso all’inconscio, e l’analisi del transfert, ossia di quegli atteggiamenti del paziente verso il terapeuta che ci parlano dei suoi antichi vissuti verso le sue figure parentali.

Quali sono gli obiettivi delle terapia?

Gli obiettivi della terapia non si possono ricondurre solo alla scomparsa dei sintomi conclamati e lamentati dal paziente, ma comprendono anche una crescita emotiva del soggetto, attraverso l’acquisizione di una migliore conoscenza di sé,  delle proprie fantasie inconsce e degli schemi disfunzionali di pensiero. Tale conoscenza avviene proponendo al paziente una visione più ampia dei propri problemi. La psicoterapia vuole, quindi, favorire la messa in atto di comportamenti alternativi a quelli abituali, che consentano il raggiungimento di un maggiore benessere psicofisico.
Ponendo attenzione anche alle dinamiche relazionali, sarà possibile evidenziare i condizionamenti e le aspettative da cui hanno origine i sintomi ed i comportamenti disfunzionali ed il paziente potrà guardare ed analizzare i suoi stessi atteggiamenti sotto una nuova luce, cominciando a distinguere ciò che gli appartiene rispetto a ciò che gli è stato “attribuito” dagli altri in termini di ruoli, compiti e funzioni interne al sistema familiare; in tal modo potrà intraprendere un cammino verso la libertà dai condizionamenti e verso la differenziazione, un percorso che consente a ciascun soggetto di diventare consapevole e responsabile delle proprie scelte, di essere visto nella propria individualità e di esprimere le proprie idee e i propri bisogni senza essere interpretato dagli altri.

Nell’ambito di tale prospettiva, il terapeuta si pone come una guida verso la comprensione di dinamiche relazionali profonde e talvolta arcaiche ed è un alleato del paziente, una figura di riferimento che lo accompagna nel processo di crescita e di riscoperta di se stesso. In tale processo avranno un ruolo centrale le esperienze emotive vissute all’interno del percorso terapeutico, che costituiscono dei fattori fondamentali e necessari per qualsiasi cambiamento individuale e sono promotrici di crescita e guarigione.