La dipendenza affettiva è una tematica che riscuote da sempre un interesse universale, in quanto ogni individuo è in qualche misura dipendente dagli altri. Esiste, tuttavia, il disturbo dipendente di personalità (DDP), individuato come patologia e descritto come una situazione di pervasiva ed eccessiva necessità di essere accuditi, che determina un comportamento sottomesso e dipendente, nonchè un forte timore della separazione, ed è caratterizzato dalla vitale necessità di avere rapporti personali che danno all’individuo la sensazione di non essere mai solo.
Questo disturbo colpisce con maggiore frequenza il sesso femminile ed è considerato tra i più frequenti tra i disturbi di personalità.
Come si manifesta
Le persone che presentano questo disturbo hanno l’idea di essere incapaci di vivere da sole e di non essere in grado di affrontare gli eventi della vita. Si sentono smarrite, vuote e inutili senza la presenza di una persona al loro fianco. Si percepiscono insicure, sbagliate, inadeguate ed incompetenti. I soggetti con DDP manifestano, per questa ragione, un forte timore di essere abbandonati, tale da causare loro paura, terrore ed ansia intensa. Richiedono spesso rassicurazioni e conferme e tendono a vivere qualsiasi gesto di allontanamento, anche minimo, come un possibile e doloroso abbandono. Per evitare l’abbandono temuto, i soggetti dipendenti si adoperano per assicurarsi la presenza costante dell’altro, investono energie nel mantenere i legami e rendersi indispensabili, per ottenere un posto in primo piano nella vita della persona vicina e preservarsi da possibili allontamenti. Per questo motivo solitamente sono abili nel comprendere la volontà dell’altro e cercano di fare stare bene il proprio partner anticipandone i desideri. Quando si sentono soli, o quando non hanno una relazione stabile e significativa lo stato mentale prevalente è di vuoto, descritto come una sensazione di essere “nulla in mezzo al nulla”, “una nave senza timone in mezzo al mare” o di “essere privo di qualsiasi scopo” fino, in alcuni casi, alla percezione di annientamento e di inconsistenza della propria persona. Questo stato mentale è spesso accompagnato da un umore depresso e da profonda tristezza.
La motivazione principale dei pazienti con DDP è quella di ottenere e mantenere relazioni rassicuranti e supportive. Per raggiungere tale obiettivo possono impegnarsi in comportamenti attivi ed assertivi che risultano del tutto adattivi: es. chiedono aiuto quando si trovano in difficoltà, cercano l’assistenza di un medico in presenza di sintomi fisici etc.
Le personalità dipendenti, però, non sono solo docili automi guidati dalle prospettive altrui. Hanno dei desideri propri che, però, difficilmente riescono a riconoscere e a perseguire; in alcuni casi, possono essere consapevoli di avere una preferenza diversa da quella di un’altra persona (es. sanno di preferire un film ad un altro o di voler uscire piuttosto che rimanere in casa a vedere la partita), ma presentano grosse difficoltà nel mettere in atto dei comportamenti finalizzati al raggiungimento dei loro desideri, se non sono sostenute dall’approvazione del partner o delle figure di riferimento (genitori, colleghi di lavoro, amici con caratteristiche da leader).
Le relazioni sono, dunque, il faro che guida le scelte personali. Tuttavia, quando le aspettative dell’altro non sono compatibili con le proprie, esse avvertono un senso di obbligo a conformarsi ai desideri dell’altro, al quale si ribellano emotivamente con sensazioni di costrizione e di rabbia. La rabbia e il disappunto verso l’altro, a volte, inducono la sensazione che la relazione vacilli. Quest’idea è insostenibile, perché le persone con DDP la interpretano come un precursore dell’abbandono. Questo le porta a ristabilire velocemente la vicinanza, cercando di assimilare e assecondare i desideri del proprio partner.
Cause del disturbo
Nella storia dei pazienti con DDP è probabile che sia presente un modello pervasivo di rinforzo genitoriale della dipendenza che ha agito in tutte le fasi dello sviluppo. Un attaccamento insicuro di tipo invischiato è un segno caratteristico del DDP. Molti pazienti sono cresciuti con genitori che hanno comunicato che l’indipendenza era piena di pericoli e li hanno sottilmente spinti a mantenersi legati a loro, rifiutandoli in risposta a tutti i loro tentativi di raggiungere una maggiore autonomia.
Il paziente dipendente cerca persone che si prendano cura di lui a causa di ansie più profonde. Questo aggrapparsi agli altri maschera spesso l’aggressività che difende dal conflitto che contemporaneamente viene espresso nella pretesa in cui “l’altro ha il dovere di restare in un ruolo di tutoraggio continuo”, come il bambino che in assenza della mamma piange e si dispera nella fantasia onnipotente che quel pianto possa controllare e bloccare. La persona che costituisce l’oggetto di attaccamento del paziente dipendente può, infatti, percepire le richieste di quest’ultimo come ostili e tormentose. La pretesa è “la provocazione che non ammette sconferme” in tale dinamica non esiste il dialogo e lo scambio, ma resta solo il rifugio in un ruolo che da diritto alla pretesa stessa, camuffando la relazione come se fosse “amica”.
Il comportamento dipendente può essere un modo per evitare la riattivazione di esperienze traumatiche del passato. Il terapeuta dovrebbe esplorare con il paziente ogni ricordo delle separazioni vissute nel passato e il loro impatto. Spesso le successive separazioni in età adulta e ogni azione indipendente riattivano nel paziente terribili ansie associate a precoci e traumatiche separazioni infantili. O altre volte l’individuo vive, in età adulta, la messa in atto di azioni di indipendenza come comportamenti aggressivi verso la figura di attaccamento, così come nell’infanzia i genitori trasmettevano al bambino l’idea che l’autonomia fosse un atto aggressivo e sleale nei loro confronti e che avrebbe causato la perdita del loro amore.
Alcuni studi condotti sulle interazioni parentali tra madre/padre e bambino, inoltre, sostengono che comportamenti di dipendenza in età adulta sono associati ad uno stile genitoriale che determina e mantiene le rappresentazioni di sé come vulnerabile e inefficace. I bambini sembrano costruire e interiorizzare tali rappresentazioni di sé sperimentando relazioni genitoriali ambivalenti ed intermittenti nella capacità di fornire aiuto e accadimento. Tale atteggiamento induce il bambino a mettere in atto strategie per assicurarsi la vicinanza della figura di riferimento, sviluppando dinamiche di dipendenza, e a temere l’abbandono in qualsiasi momento. Nel disturbo dipendente tali dinamiche restano le uniche modalità che permettono l’affermazione della propria identità, “debole” e spesso frammentata, incapace di riconoscere parti sane e potenzialità di se stessi.
Conseguenze
Il bisogno di conferma, la paura ad esprimere disaccordo e la necessità di avere continue rassicurazioni, possono indurre problematiche lavorative, laddove il soggetto deve prendere decisioni autonome. Nei casi in cui la posizione lavorativa non prevede tale libertà, il soggetto con DDP può avere la tendenza ad assecondare le richieste di capi o datori di lavoro per poi sentirsi sfruttato o non giustamente considerato.
I rapporti affettivi che il soggetto vive come significativi, infine, sono caratterizzati dall’assecondare i bisogni e desideri dell’altro anche a discapito dei propri; la persona che presenta tale disturbo, quindi, corre il rischio di sentirsi poco considerata ed ingiustamente trattata, poiché il partner generalmente non fornisce le stesse attenzioni che lei è abituata a dare alle altre persone.
Come superare la dipendenza?
Per superare la dipendenza è necessario un incremento dell’autostima della persona e nella sua capacità di sentire che può essere autonomo ed indipendente senza avere paura di nulla, cosa che si può raggiungere attraverso un percorso di psicoterapia individuale.
Leave Your Comment